Helene Appel (1976, Karlsruhe) vive e lavora a Berlino.
I temi che ricorrono nei lavori di Helene Appel sono sempre più o meno gli stessi, presi dalla quotidianità, o meglio, da una quotidianità domestica, come se dipingesse le cose che sono sotto il suo sguardo, nella cucina di casa. Porri sminuzzati, chicchi di riso, canovacci: dipinti con perfezione tale da sembrare veri, quando non addirittura dei trompe-l’oeil, e tuttavia per effetto delle loro proporzioni in relazione alla tela, quasi astratti. Soggetti – se vogliamo – di una banalità sconcertante, evidentemente dipinti al posto di qualcos’altro, per dire qualcosa d’altro.
Dipinti dal vero e, possiamo immaginare, con lentezza. Una pennellata alla volta, giorno dopo giorno, perché la pittura rimane di tutte le arti davvero quella che meglio identifica l’artista con il suo studio, luogo di un esercizio quotidiano, teatro di un dialogo con sé stessi, di tentativi a volte riusciti e a volte no. Quelle di Helene Appel sono nature morte per un solo soggetto alla volta. Richiamano alla memoria Chardin, per la loro luce, o le poche, bellissime nature morte di Zurbarán, in cui una tazza o una rosa sembrano avanzare sulla soglia del quadro, come un’offerta; o ancora – inevitabilmente – Morandi, per l’attenzione meticolosa con cui, possiamo immaginare, Helene dispone gli oggetti che dipingerà in versioni diverse per misura e composizione.
Testo di Cecilia Canziani