Loup Sarion (Tolosa, 1987) vive e lavora a New York.
Le sue sculture confondono il confine tra corpo e oggetto, intimità e astrazione. Il suo processo creativo inizia spesso con schizzi goffi, che vengono poi ingranditi e trasformati in forme scultoree, che siano nasi, cappelli o sculture luminose che ricordano le ossa. Attraverso le sue opere, Sarion si addentra in narrazioni intime e androgine, giocando con l'interazione di forme concave e convesse.
I suoi materiali, spesso intrisi di storia, riflettono la sua ossessione per le vite passate: cinture consumate trasformate in sinuosi bassorilievi o nasi scolpiti in cera d'api o alluminio lucidato, che incarnano ritratti di estranei, amanti e figure anonime incontrate in città o in metropolitana. Ha sempre creduto che un singolo tratto del viso sia sufficiente per raccontare un'intera storia. Né maschile né femminile, il naso occupa un posto unico al centro del viso, carico di erotismo, grazia e goffaggine. Presenta un mondo di proiezione: ogni protuberanza, poro e curva rivela qualcosa del suo proprietario. Sarion cattura intimità e imperfezioni attraverso forme tattili che interagiscono con il corpo, l'architettura e gli strati della storia umana, creando "millefoglie" in cui i processi geologici e le tracce umane si intrecciano.