Graham Collins (Washington DC, 1980) vive e lavora a New York.
Il variegato lavoro di Graham Collins fonde pittura, architettura e scultura in una contraddittoria amalgama di rovina e stabilità. Tele in tonalità monocromatiche verniciate a spruzzo o ricoperte di tessuto sono parzialmente nascoste dietro uno strato di vetro colorato e racchiuse in cornici realizzate con legno di recupero. I monocromi colorati combinano l’apprezzamento dell’artista per le forme artigianali, in particolare la lavorazione del legno e la colorazione delle finestre fai-da-te, con il canone dell’astrazione. Collins forza un'armonia tra i disparati valori culturali ed estetici associati a queste diverse entità. Prendendo spunto dal detto di Frank Stella secondo cui “ciò che vedi è ciò che vedi”, le opere funzionano a prima vista come forme minimaliste, ma contengono una serie di informazioni specifiche proprio in superficie. Il legno macchiato dalle intemperie, la pellicola strappata della finestra, il colore, la forma del telaio, il vetro pesante e affilato, una sezione di muro: tutto serve come una raccolta di segni che significano storie diverse. Sebbene butterati e lacerati in alcuni punti, questi pannelli continuano a brillare e agiscono come una sorta di specchio che riflette l'ambiente circostante. Ad un esame più attento, gli occhi dello spettatore si concentrano avanti e indietro sulle superfici del vetro, della tela, della colorazione, rivelando come siamo noi stessi quando osserviamo un’opera d’arte.
Graham Collins utilizza vari approcci materiali e substrati (ceramica, dipinti tagliati e trapuntati, piscine fuori terra) per riflettere ampiamente sulle trappole e le convenzioni della pittura come veicolo primario per la storia dell'arte occidentale. Sfidando sempre la facilità di visione di un'opera d'arte, Collins utilizza l'offuscamento e il movimento del corpo dello spettatore come strumento per sperimentare il suo lavoro.